La Parola del giorno
IN ASCOLTO DELLA PAROLA

VI Domenica dopo l'Epifania
Is 56,1-8; Sal 66; Rm 7,14-25a; Lc 17,11-19
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca
17, 11-19
In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
“Non esistono ragazzi cattivi”. Così si intitola un libro scritto da don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile “Beccaria” di Milano.
A noi hanno insegnato diversamente. Ci hanno detto di diffidare degli sconosciuti, di aver paura di chi è diverso. Questa regola non vale per Dio perché la sua forma mentis e il suo cuore cuore hanno come riferimento altre categorie.
Che cosa pensa Dio?
Il libro di Isaia raccoglie due situazioni estreme. Parla degli stranieri e degli eunuchi. I primi sono coloro che non appartengono al popolo d’Israele; i secondi sono coloro che per scelta o per natura non possono avere futuro perché sterili. Gli uni non hanno storia, gli altri non hanno futuro. Uomini che in quel contesto venivano identificati come incapaci e inabili a godere della storia. E il passaggio immediato risulta essere la rassegnazione o la depressione: “Certo mi escluderà il Signore dal suo popolo” o “Ecco, io sono un albero secco”.
Invece, Dio, irrompe con un modo differente di pensare: nessuno può essere escluso dal suo amore. Questo è straordinario perché davanti a Lui tutti hanno possibilità di riscatto, purché ci sia il desiderio vero di essere suoi discepoli.
È proprio ciò che succede nel Vangelo di Luca. Gesù in cammino verso Gerusalemme, tra la Samaria e la Galilea, si imbatte in questi dieci lebbrosi. Interessante è, innanzitutto, l’approccio di questi con Gesù: si fermano a distanza e gridano. Per ovvi motivi non possono avvicinarsi. Eppure quella distanza non diventa impedimento affinché si realizzi il desiderio di salvezza. Anzi, quella distanza, rappresenta tutta la nostra libertà che si gioca nell’obbedire alla parola: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. Quella distanza è ciò che consente all’uomo di decidere, di esprimere la propria adesione o il rifiuto di fronte all’invito di Dio. La situazione si ribalta velocemente. Uno solo sente il bisogno di tornare indietro da Gesù dopo essersi accorto della guarigione. Ecco come cambia il suo atteggiamento “si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo”.
Dalla distanza all’avvicinamento. Questo è il percorso che anche noi dovremmo fare. Il cammino di conversione dovrebbe portarci ad accorciare le distanze - non tanto fisiche, ma di pensiero e di azione - tra noi e Dio.
C’è una lebbra che ci tiene lontani dal Signore che si può identificare nella nostra arroganza, nell’incapacità di ringraziare per ciò che siamo e abbiamo – come se tutto fosse dovuto. Una distanza fatta di pigrizia e di superficialità nell’affrontare le scelte della vita. E ancora più paradossale è il fatto che sia proprio un samaritano ad accorgersi del dono ricevuto, uno straniero, un eretico, quasi a dirci che la forma davanti a Dio conta poco, ma sono fondamentali il cuore e la fede. Dio ci stupisce, se lo vogliamo! E questa diventa per noi l’occasione per ricordarci che molto probabilmente siamo coloro che dobbiamo identificarci nei nove e non nell’uno che ritorna.
Diventano illuminanti e capaci di interpretare il nostro vissuto queste parole di San Paolo: “in me c’è il desiderio del bene, ma non ho la capacità di attuarlo”.
Qui è tutto l’uomo nel suo paradosso: la tensione al bene che lo rende simile a Dio e nello stesso tempo l’incapacità ad attuarlo perché compie il male che non vuole… “Me infelice!”. La tristezza dell’uomo è riconducibile proprio qui, nella percezione di una vocazione al bene e nella fatica a realizzarla.
Eppure, questa non resta una pagina semplicemente triste. Paolo, riconosce che Dio non viene meno e ciò che risulta impossibile all’uomo è possibile a Dio: “Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!”.
Proviamo a calcolare la distanza tra noi e Dio… quanti passi ci separano da Lui?
Mettiamoci in cammino e Dio non esiterà a venirci incontro, così come aveva già intuito S. Ambrogio:
“Se vuoi curare le ferite, Egli è il medico.
Se sei riarso dalla febbre, Egli è la fontana.
Se sei oppresso dal peccato, Egli è la santità.
Se hai bisogno di aiuto, Egli è la forza.
Se temi la morte, Egli è la vita.
Se desideri il cielo, Egli è la via.
Se fuggi le tenebre, Egli è la luce.
Se cerchi il cibo, Egli è l’alimento.
Noi ti seguiamo, Signore Gesù,
ma tu chiamaci perché ti seguiamo.
Senza di te nessuno potrà salire.
Tu sei la via, la verità, la vita, il premio”.